Provvedimenti nn. 22 e 25 del 2024 del Giurì dell’autodisciplina pubblicitaria in materia di comunicazione commerciale relativa ai cosmetici anti-macchie

Le decisioni n. 22/2024 e n. 25/2024 del Giurì introducono importanti considerazioni per quanto attiene i claim pubblicitari per prodotti cosmetici, apparentemente ridefinendo, in senso restrittivo, i criteri di liceità dei messaggi pubblicitari per gli operatori del settore della cosmesi.

Le decisioni in questione riguardano, in particolare, cosmetici anti-macchie e vedono L’Oreal, come ricorrente nella prima decisione e poi convenuta nella seconda, sempre contrapposta a Beiersdorf.

In entrambe le decisioni, il Giurì ha sottolineato l’importanza di specificare chiaramente quando un claim di efficacia riguarda un ingrediente specifico, soprattutto se questo viene presentato come “il più efficace” o simili, e non il prodotto. Nei casi in esame, infatti, i claim di efficacia relativi ad alcuni ingredienti si traducevano in rivendicazioni di superiorità del prodotto, con profili implicitamente comparativi e denigratori nei confronti dei concorrenti e, pertanto, inammissibili.

Il Giurì ha, inoltre, ritenuto ingannevoli espressioni come “la ricerca è finita” e “Macchie solari? Game over!”, poiché potrebbero indurre il consumatore a credere che il prodotto offra effettivamente una soluzione definitiva al problema trattato. Si può parlare di vanterie innocue, infatti, solo quando il claim utilizzato sia palesemente fuori dalla realtà e, quindi, inidoneo ad essere inteso dal consumatore come effettivamente riferibile a qualità e risultati del prodotto.

Con entrambe le pronunce, il Giurì ha affrontato anche il tema delle immagini “prima” e “dopo” il trattamento, ribadendo la liceità del loro utilizzo. Tuttavia, ha sottolineato che le fotografie non devono essere alterate tramite interventi di post-produzione o fotoritocco. Le pronunce evidenziano anche l’importanza di non accostare, nello stesso messaggio, immagini del volto dopo make-up e delle immagini pre-trattamento, in quanto tale tecnica comunicativa è idonea a generare nel consumatore effetti suggestivi sull’efficacia del prodotto. Infine, il Giurì ha valutato come intrinsecamente ingannevole l’impiego di tecniche di rendering con la presentazione di immagini virtuali.

Per quanto attiene, nello specifico, la pronuncia n. 22/2024, il Giurì ha ritenuto ingannevoli anche i seguenti claimraccomandato dai dermatologi”; “oltre 10 milione di donne lo hanno già scelto” e “è sicuro da usare anche in gravidanza”. Relativamente alla prima rivendicazione, è stata considerata ingannevole per via del carattere di assolutezza, poiché non c’erano sufficienti prove a supporto di tale affermazione. Il secondo claim è stato ritenuto ingannevole in quanto la vendita di 10 milioni di prodotti non implica necessariamente che siano stati acquistati da 10 milioni di persone diverse. Infine, il terzo claim è stato considerato ingannevole perché presenta come particolare pregio una caratteristica che in realtà è comune a tutti i prodotti anti-macchie.

La pronuncia n. 25/2024 ha riguardato anche ulteriori tematiche, come, ad esempio, quella dell’utilizzo di testimonial nella promozione dei prodotti. Il Giurì ha ritenuto lecita la modalità di comunicazione consistente in un’intervista a testimonial, a prescindere dal fatto che siano attori professionisti, influencer o altri soggetti, che, in esecuzione di un contratto oneroso, si sottopongano a trattamenti e rilievi fotografici e pronuncino frasi “spontanee” poi utilizzate nella campagna pubblicitaria. Tuttavia, ha sottolineato che è necessario comunicare al consumatore che tali messaggi sono commissionati dall’impresa interessata e che comprendono dichiarazioni a tema obbligato. Pertanto, nel caso in cui si decida di utilizzare tale modalità di comunicazione commerciale, occorre anche precisare che i testimoni si sono impegnati volontariamente a collaborare ad un’iniziativa promozionale dell’impresa interessata.

Per quanto attiene le rivendicazioni di efficacia, il Giurì ha ribadito che:

  • devono essere supportate da test clinici adeguati;
  • è necessario evitare profili di eccessiva enfasi con sui si rivendicano tempi rapidissimi di efficacia del prodotto, in quanto non plausibili in termini generali, ed effetti inibitori radicali della problematica trattata;
  • la nota legale non deve contenere ambiguità in grado di permettere una reinterpretazione rettificativa del messaggio principale rendendolo, di conseguenza, ingannevole;
  • sebbene fosse stata fornita sufficiente evidenza della novità ed efficacia del prodotto, questo non è stato sufficiente a giustificare claim contenenti l’espressione “mai prima d’ora”, in quanto intesa come rivendicazione di pregio assoluto.

Infine, il Giurì ha sottolineato che, nel caso di specie, l’utilizzo del camice bianco da parte del soggetto che presentava il prodotto – sebbene riportasse il marchio dell’azienda produttrice del cosmetico – evocava un contesto sanitario, creando un’impressione di medicalità che non può essere attribuita a un cosmetico.

Contenuto a cura dell’Avv. Elisa Maria Babbini

Servizi legali di qualità