È possibile vendere un immobile con difformità urbanistiche? La risposta, grazie alla sentenza n. 8230 del 22 marzo 2019 delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (disponibile al seguente link: Cassazione-civile-Sezioni-Unite-sentenza-8230-2019.pdf), è finalmente chiara: sì, a determinate condizioni.
La Suprema Corte ha risolto un annoso contrasto giurisprudenziale stabilendo che sono validi i trasferimenti immobiliari nei quali siano riportati gli estremi del titolo abilitativo in forza del quale è stato realizzato il fabbricato, anche se l’immobile è stato costruito in difformità, parziale o totale, rispetto a tale titolo.
Il principio di diritto è ora inequivocabile: la nullità prevista dal D.P.R. n. 380/2001 (art. 46) e dalla L. n. 47/1985 (artt. 17 e 40) è di natura “testuale” e colpisce esclusivamente gli atti nei quali manchino totalmente, per dichiarazione dell’alienante, gli estremi del titolo abilitativo dell’immobile.
Questa sentenza ha superato la precedente distinzione tra variazioni essenziali e non essenziali rispetto al titolo edilizio, che creava incertezze nell’individuare il confine tra immobili commerciabili e non commerciabili. La Cassazione ha evidenziato come tale distinzione generasse complicazioni pratiche, rendendo labile il confine tra abuso maggiore (che determinava l’incommerciabilità) e abuso minore (che consentiva la circolazione dell’immobile).
Secondo le Sezioni Unite, la norma urbanistica prevede ipotesi di nullità solo formale ai sensi dell’art. 1418, 3° comma c.c., e non sostanziale. Questo perché ogni limitazione alla libera circolazione dei beni deve essere interpretata restrittivamente e non in via analogica.
In pratica, un immobile sarà incommerciabile e il relativo atto di trasferimento nullo solo in due casi:
- Quando il venditore non dichiari in atto il titolo abilitativo alla realizzazione dell’immobile
- Quando il venditore dichiari che l’immobile è stato costruito in forza di un titolo inesistente o riferito ad un fabbricato diverso da quello venduto
La Corte ha precisato che questo approccio non svilisce la lotta all’abusivismo edilizio, che deve perseguirsi con strumenti diversi dalla nullità degli atti, la quale comporterebbe un’inammissibile limitazione alla compravendita immobiliare.
Questa pronuncia ha importanti implicazioni pratiche: in presenza della dichiarazione dell’alienante degli estremi del titolo urbanistico (reale e riferibile all’immobile), il contratto è valido indipendentemente dalla conformità o difformità della costruzione rispetto al titolo menzionato.
Ciò non significa che le difformità urbanistiche siano irrilevanti: esse mantengono rilevanza sul piano amministrativo, penale e civilistico (ad esempio in termini di vizi della cosa venduta), ma non incidono sulla validità dell’atto di trasferimento.
La sentenza sottolinea l’importanza di una due diligence tecnica e giuridica approfondita prima dell’acquisto di un immobile, per verificare la corrispondenza tra lo stato di fatto e quanto dichiarato nei titoli edilizi, evitando così spiacevoli sorprese future.
Contenuto a cura dell’Avv. Gianmaria Pesce