Con la sentenza n. 466/2025, il Consiglio di Stato ribadisce il divieto per le Regioni di introdurre restrizioni ulteriori rispetto a quelle statali per la realizzazione di impianti FER

Con un recente pronunciamento il Consiglio di Stato interviene sulla questione della legittimità degli interventi normativi regionali, chiarendo che gli Enti territoriali non possono imporre ulteriori vincoli restrittivi rispetto a quelli già stabiliti dalla legislazione nazionale. La decisione è stata emessa in seguito al ricorso in appello presentato da Chiron Energy SPV 15 s.r.l. contro la Regione Umbria. Ricorso con il quale la società contestava la decisione del TAR per l’Umbria che aveva rigettato il suo ricorso contro alcuni provvedimenti regionali tesi ad aggravare il procedimento autorizzativo all’installazione di un nuovo impianto fotovoltaico, emessi in forza di una normativa regolamentare regionale che introduceva dei vincoli e delle restrizioni ulteriori rispetto a quanto stabilito dalla normativa nazionale.

Il Caso e la Decisione del Consiglio di Stato

Il caso specifico riguarda un’istanza di autorizzazione per la costruzione di un impianto fotovoltaico nel comune di Umbertide. La Regione Umbria aveva dichiarato “non ricevibile” l’istanza, richiedendo integrazioni documentali e introducendo il rispetto di requisiti aggiuntivi non previsti dalla normativa nazionale, come la “potenzialità fotovoltaica” e la stipula di una convenzione/atto d’obbligo.

Il Consiglio di Stato, ribaltando la decisione del TAR, ha accolto l’appello dell’operatore economico. In particolare, la sentenza afferma i seguenti principi:

  • le Regioni non possono frapporre ostacoli non previsti dal legislatore statale all’installazione di impianti fotovoltaici;
  • la scadenza del termine di 180 giorni dalla data di entrata in vigore del d.lgs. 199/2021 per l’adozione da parte del Ministero dei decreti volti a dettare “principi e criteri omogenei” per l’individuazione delle superfici e delle aree idonee e non idonee all’installazione di impianti alimentati da fonti rinnovabili non legittima le Regioni ad introdurre una regolamentazione autonoma sul punto, quale “necessaria integrazione” del sistema, dovendo nelle more trovare applicazione il regime transitorio previsto dall’art. 20, comma 8, del d.lgs. 199/2021;
  • l’intervento regionale, mediante lo strumento regolamentare, è ammesso solo successivamente alla fissazione, con decreto ministeriale, dei “principi e criteri omogenei” per l’individuazione delle superfici e delle aree idonee e non idonee all’installazione degli impianti stessi, al solo fine di garantire un’applicazione uniforme della normativa energetica;
  • deve essere riconosciuta la sostanziale liberalizzazione dell’attività di installazione di impianti fotovoltaici nelle aree industriali, operata dall’art. 22-bis, del d.lgs. 199/2021;
  • la coerenza di questa interpretazione del quadro normativo nazionale sulle procedure per la realizzazione di nuovi impianti FERcon il diritto europeo e gli obiettivi di decarbonizzazione.

Punti Chiave della Sentenza

  • Divieto di aggravi procedurali: le Regioni non possono aggiungere requisiti di procedibilità ulteriori rispetto a quelli previsti dalla normativa statale.
  • Liberalizzazione dell’installazione di nuovi impianti fotovoltaici in aree industriali: riconoscimento della valenza sostanziale dell’art. 22-bis del d.lgs. n. 199/2021, che qualifica l’installazione di impianti fotovoltaici in aree industriali come attività di manutenzione ordinaria, non soggetta ad autorizzazioni.
  • Limitazione all’autonomia regionale: viene ribadito che le Regioni non possono autonomamente individuare autonomi criteri restrittivi per l’insediamento di nuovi impianti e creare preclusioni che inibiscano a priori la realizzazione di nuovi impianti.
  • Rispetto del diritto UE: la sentenza sottolinea come sia importante che le Regioni si muovano in sintonia con il diritto europeo e con gli obiettivi di decarbonizzazione prefissati.

Se, da un punto di vista formale, la questione affrontata dal Consiglio di Stato con la sentenza qui esaminata può ritenersi superata dall’adozione del c.d decreto “Aree idonee” del 21 giugno 2024, entrato in vigore il successivo 3 luglio (recante appunto la “Disciplina per l’individuazione di superfici e aree idonee per l’installazione di impianti a fonti rinnovabili”), da un punto di vista sostanziale, purtroppo non può dirsi lo stesso.

Il decreto infatti demanda alle Regioni, il compito di individuare, nei 180 giorni successivi alla sua entrata in vigore, le aree ove è possibile realizzare nuovi impianti FER e quelle dove invece è vietato, fissando dei criteri tutt’altro che chiari ed uniformi. L’impressione che si ha, leggendo il decreto ministeriale è che a livello statale si sia voluto lasciare alle Regioni ampia autonomia e discrezionalità nella individuazione delle aree idonee e non, attuando così una politica che (almeno a livello di governo centrale) non sembra voler perseguire con la determinazione e la fermezza attese dagli operatori economici gli obiettivi euro-unitari da ultimo ribaditi dalla Commissione Europea con le raccomandazioni n. 822 del 18 maggio 2022 e n. 1343 del 13 maggio 2024 in forza delle quali gli “Stati Membri dovrebbero limitare al minimo necessario le zone di esclusione in cui l’energia rinnovabile non può essere sviluppata”.

L’assenza di un quadro normativo statale chiaro ed univoco portano, dunque, a ritenere che questioni quale quella affrontata dal Consiglio di Stato con la sentenza in esame possano tornare in futuro a ripetersi e che il contenzioso amministrativo in materia di procedure autorizzative di impianti alimentati da fonti rinnovabili sia destinato comunque inevitabilmente a crescere in caso di interventi legislativi regionali non conformi ai principi e agli obiettivi comunitari o, comunque, tesi ad aggravare oltremodo le condizioni di realizzabilità di questa tipologia di impianti.

Contenuto a cura dell’Avv. Giuseppina Incorvaia

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